Pizza e Pinsa:
sorelle gemelle o cugine lontane?
Due ricette gustosissime appartenenti alla famiglia dei lievitati e che, nonostante l’aspetto simile, risultano in realtà imparentate solo alla lontana: la pizza napoletana e la pinsa romana non sono due gemelle divise dalla geografia ma veri e propri piatti diversi preparati con ingredienti e tecniche differenti e che non hanno nemmeno la stessa età essendo stati inventati in momenti storici distinti. Questo le rende, a tutti gli effetti, come cugine di secondo grado accomunate dall’unione di acqua, farina e lievito, ma divise da molte differenze a partire dalla forma–per una tonda e per l’altra ovale; vediamole insieme:
Le origini: da Napoli a Roma
La pizza ha origini lontane che risalgono almeno al lontano 997 (anno a cui vengono datati i primi documenti scritti che ne parlano) ma la storia più conosciuta è del 1889 e racconta l’invenzione dell’intramontabile margherita. Per onorare la visita a Napoli dell’omonima regina d’Italia appartenente alla famiglia dei Savoia, il cuoco Raffaele Esposito avrebbe infatti ideato il famoso condimento di pomodoro, mozzarella e basilico e chiamato la sua creazione Pizza Margherita.
Anche la pinsa sembra essere una ricetta antica, elaborata dai romani, di cui già il poeta Virgilio ha lasciato traccia all’interno dell’Eneide: una volta approdato in Italia infatti, Enea si sarebbe cibato di una particolare focaccia caratterizzata proprio da una forma allungata. Il piatto che conosciamo oggi ha però una storia molto più recente, iniziata nei primi anni 2000 grazie a un’invenzione del pizzaiolo romano Corrado Di Marco che ha reinterpretato l’antica ricetta facendola diventare una vera e propria tendenza diffusa in tutto il Bel Paese.
Gli ingredienti: una farina contro tre
Nonostante sia possibile apportare delle modifiche alle ricette tradizionali per andare incontro a intolleranze e gusti personali, quella per la classica pizza napoletana prevede esclusivamente l’utilizzo di farina 00, mentre l’impasto caratteristico della pinsa viene realizzato con un mix di farine – rispettivamente di frumento, di riso e di soia con aggiunta di pasta madre – a cui si accompagna un maggior quantitativo d’acqua rispetto a quello richiesto per la pizza napoletana.
La lievitazione: a ogni ricetta, il suo tempo
Perfino la lievitazione avviene in maniera differente: dalle 2-3 ore richieste per la pizza si passa alle 24 necessarie per far crescere l’impasto della pinsa; un processo che rende quest’ultima preparazione particolarmente indicata per chi ha problemi di digestione.
Il risultato finale? Un cerchio perfetto di morbido impasto e cornicione alto da un lato, e un’ovale uniforme, super croccante e friabile per dall’altro, tu quale preferisci?